23-11-1980. CHE SENSO HA RICORDARE DOPO 35 ANNI?

Ricordare ancora il sisma del 1980 ha ancora senso oggi a 35 anni da quell’evento che devastò il territorio e sconvolse le coscienze?

Ha ancora senso rivivere quei momenti, quelle esperienze e quei drammatici ricordi?

Sicuramente non ha alcun senso fare ciò che per troppi anni abbiamo fatto. Il ricordo di quel tragico evento si è spesso fermato alla commemorazione dei defunti, alle parole di rito, alle manifestazioni religiose. Così facendo si è ridotto l’evento sismico di 35 anni fa ad un argomento locale, un intimo ricordo di ogni comunità che la sera del 23 novembre si stringe attorno al dolore di ogni individuo.

Tutto questo è normale ed è giusto, però quell’evento non può essere rinchiuso nelle dimensioni del ricordo delle piccole comunità colpite, non può rimanere legato ai singoli. Quell’evento è un argomento tutt’altro che locale, fu una calamità che sconvolse l’opinione pubblica mondiale, che interessò, mettendoli a rischio, i poteri centrali dello stato, che svelò al mondo intero il disagio e l’abbandono che quelle zone interne del Meridione italiano vivevano, diede la certezza che Cristo fosse ancora fermo ad Eboli.

Basti immaginare che a muoversi furono i volontari di mezzo mondo, che gli aiuti giunsero da ovunque, che i giornalisti e gli artisti dell’intero globo puntarono la loro attenzione su quel pezzettino di italia che si ritrovò a vivere un protagonismo al quale non era affatto abituata. Quei paesi che fino al 23 novembre non risultavano neanche sulle mappe ufficiali, diventavano famosi, entrando da protagonisti nel sistema globale dell’informazione, senza mediazioni, in maniera violenta e fulminea.

Antonio Ghirelli sul Corriere della Sera scrisse. “Quando le povere vittime saranno sepolte e i colpevoli avranno pagato, il problema del terremoto, e del Mezzogiorno nel suo complesso, rimarrà per lungo tempo all’ordine del giorno. Alle 19:34 del 23 novembre, la terra non ha tremato soltanto per i derelitti della Campania e della Lucania. La terra ha tremato e continuerà a tremare, per tutti noi, governanti e governati, ladri ed onesti. La storia italiana è cambiata radicalmente e brutalmente la sera del 23 novembre. Più presto ce ne persuadiamo, meno alto e doloroso sarà il prezzo che pagheremo“.

Oggi possiamo sostenere che il prezzo pagato è stato altissimo, la terra del terremoto, il cratere, così fu chiamato l’epicentro, è stato illuso, quei paesi che sarebbero dovuti diventare delle oasi di lavoro, benessere e ricchezza, sono oggi spopolati e spesso ancora privi di un nucleo urbanistico ricostruito. Le vittime sono state seppellite ma i colpevoli non hanno mai pagato, ci sono state anzi nuove vittime, quelle che hanno subito il fallimento dei piani di ricostruzione e di industrializzazione.

Era allora Presidente della Repubblica Italiana, un uomo meraviglioso, di quelli che l’Italia dovrebbe ancora oggi ammirare e tenere come esempio, che al suo ritorno dal cratere, rientrato a Roma, sentì l’esigenza di parlare, il bisogno di sfogare quella rabbia che gli ha riempito l’animo nel vedere qui paesi, nel sentire le storie dei sopravvissuti, di quelli che erano rimasti senza soccorsi per giorni, di quelli che avevano dovuto, da soli, abbandonati da uno stato ancora una volta assente, scavare a mani nude per ritrovare i corpi dei loro cari. Il 26 novembre Pertini terrà un discorso televisivo che passerà alla storia come il suo “drammatico j’accuse“, nel quale con uno sguardo severo e con parole durissime sferrò un attacco potentissimo al governo per i ritardi e lanciò un avvertimento al mondo politico perché non si riproducesse la situazione del Belice, affinché i soldi per i terremotati fossero usati per risolvere problemi reali.

Il giorno seguente, il 27 novembre, il ministro degli Interni democristiano, Rognoni si dimette. Errico Berlinguer da Salerno, dopo aver visitato il cratere dichiarerà finito il compromesso storico tra il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana. Il sisma aveva scosso lo Stato e la politica italiana alle sue fondamenta.

Si contavano circa 3.000 morti e un numero enorme di sfollati, la tragedia sembrava però mostrare un risvolto positivo, lo scandalo, la rabbia e l’indignazione levatasi nei confronti del sistema politico ed istituzionale, era diventata troppo forte per essere ignorata, ancora Ghirelli, annusando il sentimento nazionale scriverà sul Corriere “Nulla dovrà restare come prima“. Il cambiamento stava diventando una realtà tangibile, nasceva in tutta Italia, proprio sulle macerie irpine, un nuovo sentimento nazionale e civico.

Questo sentimento che aveva fatto arrivare moltissimi volontari, per lo più ragazzi che in maniera del tutto spontanea erano partiti da ogni angolo del paese per dare una mano a scavare, a ricostruire, semplicemente a vivere; si sarebbe scontrato però con un processo di ricostruzione che avrebbe eliminato e cancellato ogni speranza.

Nacquero sull’onda di questo nuovo protagonismo civile, i comitati popolari, che avrebbero cercato di gestire il processo di assegnazione delle abitazioni provvisorie dal basso, che avrebbero provato ad organizzare una rete di contatti tra le varie popolazioni colpite e le varie organizzazioni di volontariato. Si provò a gestire dal basso anche il post-terremoto cercando di sperimentare un nuovo metodo di partecipazione politica.

Purtroppo però i vecchi gruppi di potere, quelle vecchie reti clientelari ben radicate ed organizzate capillarmente sul territorio, si rinforzarono con l’arrivo dei fondi, che cadevano a pioggia sulle macerie. La Nuova Camorra Organizzata di Cutolo fiutò l’affare, ed i vari amministratori locali si lanciarono in quello che stava per diventare il più grande affare del secolo.

Il Caso dell’assessore regionale Ciro Cirillo, l’uomo che avrebbe deciso le assegnazioni dei fondi per il terremoto, rapito dalle Brigate Rosse e rilasciato dopo una strana trattativa nella quale fu coinvolto anche Cutolo. Il terremoto e soprattuto la fase della ricostruzione mise in evidenza anche questa parte malata dello stato, queste commistioni tra potere costituito, malavita e servizi segreti deviati. Le prove hanno ormai messo in relazione senza ombra di dubbio la liberazione di Ciro Cirillo con le trattative che il faccendiere ed agente segreto italiano Franesco Pazienza ha intavolato con Cutolo attraverso il camorrista e braccio destro del boss della NCO, Vincenzo Casillo, morto in circostanze misteriose, il 28 gennaio 1983 a Roma a poca distanza dalla sede del SISMI.

Dopo svariati decreti legge, il numero dei comuni inseriti tra quelli colpiti dal terremoto arrivò al folle numero di 687, comprendendo un’area geografica che a nord toccava Teano, a sud chiudeva con Sapri e ad est includeva Ferrandina.

I fondi arrivarono, la legge n. 219 del 24 maggio 1981, ancora oggi uno delle maggiori fonti di finanziamento delle opere comunali in molti paesi del cratere, diede le possibilità a chiunque di poter fare domanda per la concessione di finanziamento. Furono presentate 474.583 domande, una cifra esorbitante, gran parte dei contributi erogati finirono in parcelle di tecnici progettisti, i quali spesso erano anche membri delle commissioni istituite dai comuni per approvare i progetti, almeno 15.000 miliardi di lire di fondi per la ricostruzione furono spesi in parcelle professionali.

L’art. 21 della legge 219, face partire il progetto di sviluppo che il commissario straordinario Zamberletti definì come la realizzazione del sogno di portare le “industrie in montagna“. le aree industriali spesso deserte sono la cicatrice che molti comuni hanno ereditato e che serve a capire che se un progetto di sviluppo non viene studiato ed applicato per un fine nobile che deve essere quello di migliore le condizioni di vita della popolazione, non serve a nessuno anzi diventa dannoso.

Furono scelte 20 aree per la realizzazione di nuovi stabilimenti, 12 di queste in Campania di cui 8 in Irpinia. Nell’ottica che ogni notabile locale dovesse espandere e rafforzare la propria rete di consenso, si cercò di puntare sui numeri. Molte aree industriali sono oggi deserte, in alcune esistono però delle realtà che sono di eccellenza a livello internazionale. Questo a dimostrazione che se si fosse ragionato non sui numeri, non sul tentativo folle di infrastrutturare in maniera pesante troppe aree, ma si fosse puntato sulla ricerca di investitori seri e su progetti validi, forse le cose sarebbe andate diversamente.

Il ricordo del Terremoto del 1980 è un ricordo che le nostre comunità non potranno scordare.  In ognuno  dei paesi del cratere il 23 novembre, tutti, anche i bambini, anche chi non era neanche nei pensieri dei genitori, sa che questo è un giorno particolare. Nei racconti c’è un prima ed un dopo, in tutti i racconti, anche nelle tipiche chiacchiere da bar c’è chi dirà era prima del terremoto“. Quell’evento è stato così doloroso, così significativamente dirompente e devastante da aver creato una frattura temporale, le comunità che ne sono state colpite vivranno per sempre misurando il tempo in un prima e in un dopo. I paesi, i luoghi, le persone, non saranno più quelli di prima di quel 23 novembre e per troppi anni sono stati provvisori, perché per troppi decenni, i luoghi nei quali le comunità si riconoscevano, erano luoghi provvisori, che sarebbero scomparsi a breve. Oggi iniziano a crescere le prime generazioni che non hanno vissuto nei prefabbricati e oggi che i paesi sono ricostruiti non è rimasto nessuno per abitarli.

Il ricordo va tenuto vivo, sempre. Ma oggi è giunto il tempo di iniziare a fare un’analisi seria di ciò che è successo dopo, degli errori, dei modi sbagliati. Solo così riusciremo, davvero, a dare un senso a tutte le commemorazioni.

Oggi più che mai i nostri territori hanno l’esigenza di fare chiarezza sui fallimenti del post-terremoto, per cercare di capire perché le speranze di sviluppo di un’intera terra rimasero tali. Questo processo di analisi è l’unico mezzo che la classe dirigente di oggi ha per poter ricucire quella frattura sociale, storica e politica che si è generata. Solo con un’analisi profonda si potrà riuscire a strutturare un sistema di sviluppo che possa essere valido non solo per l’area del cratere ma per l’intero Mezzogiorno.

 

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