3 DICEMBRE 1906 NASCE LA LEGGENDA DEL FOOTBALL CLUB TORINO
Era uno gelido lunedì sera il 3 dicembre del 1906, Torino come sempre fredda, sembrava ibernata. Nella Birreria Voigt in via Pietro Ricca, nel centro di quella che fu la capitale del Regno, un’incontro tra alcuni uomini di sport segnerà la storia di uno dei giochi più amati del mondo.
In quella birreria, Alfred Dick amministratore di un’azienda di pelli e calzature, ex presidente della Juventus società alla quale aveva dato un’organizzazione da vera squadra, alla guida di un gruppo di dissidenti juventini allontanatisi dalla società bianconera perché contrari alla svolta professionistica del club, sancì l’alleanza con Football Club Torinese, altra società che nel 1900 aveva già assorbito l’Internazionale Torino.
Alle 21.00 di quella gelida sera torinese, alla presenza di 23 persone nasce il Football Club Torino.
Da quella notte la storia del calcio cambia, a scriverne le pagine più romantiche e tragiche sarà proprio questa società che si vestirà di granata e che farà battere i cuori di tutti i tifosi del calcio.
Basterebbe pensare che nella prima partita ufficiale del club, tenuta il 16 dicembre del 1906 contro la Pro-Vercelli, tra quelli che indossano la maglia, che allora non è ancora granata, c’è un ragazzino che entrerà di diritto nella storia del calcio italiano, Vittorio Pozzo, che vincerà due mondiali come allenatore dell’Italia.
Non si può parlare del Torino senza raccontare di quella che rappresenta la squadra più forte di tutti i tempi, gli invincibili, “il grande Torino“, quella che dal 1943 al 1949 vinse 5 scudetti consecutivi, che per prima centrò l’obiettivo di vincere campionato e Coppa Italia nello stesso anno, quella che fornì 10 titolari su 11 alla nazionale, quella di Valentino Mazzola, di Loik e di Bacigalupo.
Il Torino è croce delizia ma soprattutto è gioia e dolore dello sport. La gioia delle vittorie, la perfezione degli schemi, la sincronia dei meccanismi e la classe dei singoli, ma allo tesso tempo il Torino, nell’immaginario collettivo dei tifosi, è la tragedia dei suoi eroi.
Il 4 maggio 1949 il destino consacra il Grande Torino allo storia; l’aereo che riportava la squadra a casa dopo una trasferta a Lisbona che li aveva visti impegnati contro il Benfica, precipita, perdono la vita 31 persone, l’intera la squadra, lo staff tecnico, l’equipaggio del veivolo e tre giornalisti al seguito della squadra.
Quella squadra, entrata nella storia per le sue vittorie, quella sera di nebbia a Superga ci restò per sempre e da imbattuta, da invincibile, diventando immortale nella memoria collettiva dell’intero mondo calcistico e sportivo.
Ma la storia del Torino non si può limitare a quegli anni, i tifosi di calcio, quelli che davvero amano questo sport e le storie profonde che può raccontare, non possono non pensare, quando vedono la maglia del Toro, a quella “farfalla granata“, che danza sul prato del rettangolo di gioco come un ballerino, a quel Gigi Meroni che fu artista dentro e fuori dal campo, che poteva pennellare con il con i piedi ed il pallone e con le mani sulla tela, che girava con la sua gallina al guinzaglio per le strade del centro, lasciando sbigottiti tutti coloro che non potevano capirlo. Gigi Meroni è stato uno dei più grandi giocatori italiani di tutti i tempi, scomparso purtroppo tragicamente il 15 ottobre del 1967, investito da un’auto, guidata dal diciottenne Attilio Romero che nel 2000 sarà presidente del Torino, dopo la partita tra il Toro e la Sampdoria, aveva solo 24 anni e ancora oggi siamo qui a chiederci quanto avrebbe potuto ancora farci sognare.
E se si parla del Toro, quello delle storie impossibili, quello delle imprese che poi possono anche finire male, ma che entrano sempre nella leggenda, non possiamo non ricordare la stagione 91-92, con Mondonico in panchina che porta fino alla finale di coppa Uefa la squadra che all’inizio nessuno dava per favorita, eliminando anche i campioni del Real Madrid. Purtroppo la finale con l’Ajax è di quelle da leggenda, in casa l’andata a Torino finisce 2 a 2, il ritorno ad Amsterdam finisce 0 a 0 saranno gli olandesi ad alzare la coppa, ma nella storia resterà Mondonico che alza verso il cielo la sedia della panchina per protestare contro un contatto in area di rigore e per sfogare tutta la rabbia accumulata per una quantità norme di pali presi dalla sua squadra.
Il Torino è il calcio, quello romantico, quello da raccontare, quello che nulla a che fare con il business e con il cinismo affaristico di oggi. Il Toro con la sua storia, le sue leggende, i suoi romantici mostri sacri, permette ad ognuno di noi, a chi ne ha voglia, di riscoprire la dignità di uno sport, che oggi sempre più spesso viene maltrattato ed umiliato da chi dice di volerlo promuovere.