Emilia Paranoica. “Due minuti d’Odio” orwelliani

Tra Sardine, citofoni, minuti d’odio e dirette social, la campagna elettorale per le regionali in Emilia-Romagna ci consegna, a prescindere dal risultato, il quadro di una società che ormai si muove e si schiera in base alle tendenza, ai flussi social, ai trend. 

L’immagine di Bibbiano, il comune diventato improvvisamente famoso in tutta Italia per l’inchesta “Angeli e Demoni” sui casi di affidi illeciti di bambini strappati alle proprie famiglie, è l’immagine di una politica incapace di svolgere il suo ruolo.

Bibbiano è un piccolo paese di 9mila abitanti, che si è ritrovato al centro dello scontro politico nazionale di chi ha deciso di cavalcare una questione giudiziaria sulla quale non ci dovrebbero essere schieramenti di parte. 

Quel piccolo borgo, fino a pochi mesi fa sconosciuto, oggi, con le piazze divise tra le Sardine e Salvini, è la rappresentazione della politica contemporanea, che non guida ma che si fa guidare, che non pensa ma che ripete, che non sogna ma si adegua e soffia sugli odi per non scomparire

La piazza della Lega ha dato voce alle vittime degli affidi illegali. È stato un susseguirsi di testimonianze di mamme disperate fino alla madre del piccolo Tommy, rapito e ucciso, che nulla ha a che fare con “Angeli e Demoni” ma che che con la sua storia e con il permesso premio avuto da una delle rapitrici ha aumentato il livello di indignazione e rabbia della piazza.

Matteo Salvini ha lascito spazio alle voci degli altri, riservandosi solo gli ultimi minuti per chiudere un comizio che consegnava alla piazza i suoi nemici. La folla urlante era incontenibile, arrabbiata, indignata, pervasa da un odio che nasce in maniera naturale se messi davanti alle nefandezze. 

Quella piazza, quel palco, quel format che la Lega ha organizzato e strutturato con cura, è la riproduzione perfetta dei “Due minuti di Odio” del capolavoro orwelliano 1984. 

Le stesse urla che nascondo da chi viene messo davanti al “nemico del popolo” colpevole di tutte le nefandezze e di tutti i drammi della società. Anche nel mondo distopico di Gerge Orwell la folla iniziava ad urlare contro quelle immagini, presa da un incontenibile sentimento di paura e irritazione. 

La cosa più terribile dei Due minuti d’Odio non consisteva tanto nel fatto che bisognava prendervi parte ma, al contrario, proprio nel fatto che che non si poteva trovar modo di evitare di unirsi al coro delle esecrazioni. Una fastidiosa estasi mista di paura e di istinti vendicativi, un folle desiderio d’uccidere, di torturare, di rompere facce a colpi di martello percorreva l’intero gruppo degli astanti come una sorta di corrente elettrica, tramutando ognuno, anche contro la sua stessa volontà, in un paranoico urlante e sghignazzante
 G. Orwell 1984

Dall’altra parte, nell’altra piazza di Bibbiano, le Sardine. Il nuovo fenomeno mediato, le star della sinistra degli ultimi mesi, con i loro cori e i loro cartelli. Un gruppo di persone che hanno fatto dell’anti-salvinismo il loro collante, si producevano in un esercizio che ormai sembra essere diventato un format collaudato.

Cartelli sempre più fantasiosi esposti con la speranza di essere inquadrati, di essere seguiti, di rientrare in quella viralità social che ti garantisce piogge di like e di commenti e, chi può dirlo, anche un’apparizione televisiva. 

Una campagna elettorale, quella per la rossa Emilia-Romagna, che ha segnato l’inizio di una nuova politica dove a contare sono esclusivamente i messaggi che passano, dove nessuno è disposto ad ascoltare, dove i leader servono a bussare ai citofoni per rassicurare qualche dolce vecchietta impaurita, poi poco conta chi ci sia dall’altra parte; dove ciò che si manda in diretta sui social conta più di ogni sofferenza reale, più di ogni verità, più di ogni soluzione concreta. 

La sinistra, a prescindere dal risultato, dopo questa campagna elettorale è finita. Ha esaurito la sua funzione storica, sociale e politica. Perché alla base della sinistra da sempre c’è stato il sogno, l’utopia, anche se nella realtà si trasformava in orrende distopie, ma la benzina di quella politica era il futuro, l’orizzonte, la capacità di far guardare e camminare una comunità verso una meta, che se pur irraggiungibile, faceva avanzare tutti.

Oggi il presente immediato, l’imminente e il precario sono tratti totalizzanti della nostra società. Questo genera le distorsioni sociali, condiziona le modalità comunicative, alimenta gli odi e i suoi maestri, quelli capaci di stimolare, indirizzare e fomentare quei sentimenti che Orwell aveva già predetto. 

I nostri schermi, quelli degli smartphone, dei tablet, dei computer e delle televisioni sono sempre più simili agli schermi sempre accesi di Orwell. Gli slogan elettorali sembrano sempre più quelli del Grande Fratello:

“LA GUERRA È PACE. LA LIBERTÀ È SCHIAVITÙ. L’IGNORANZA È FORZA”

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