“IL SECONDO TEMPO” DI RODDY DOYLE E ROY KEANE
“Anche solo ad averlo pensato è stato un colpo di genio“.
Questo hanno pensato tutti coloro che amano Roddy Doyle, l’Irlanda ed il calcio, quando in libreria si sono trovati davanti “Il Secondo Tempo“, l’ultimo libro dello scrittore irlandese. La copertina è semplice ma d’effetto, un Roy Keane, l’eroico e cattivissimo centrocampista irlandese che è stato il capitano più vincente del Manchester United, che ti guarda con i capelli corti, le rughe che sembrano cicatrici di guerra ed una smorfia che sembra tanto un sorriso quanto l’inizio di una sfuriata.
Il libro è nato da una collaborazione, di quelle che non ti saresti mai aspettato, il calciatore più chiacchierato, forse anche il meno amato, ma sicuramente il più famoso della storia del calcio e irlandese e lo scrittore di Dublino che ha rivoluzionato la letteratura irlandese con romanzi che hanno dato vita a personaggi che si sono trasformati in vere proprie leggende globali. È lui il creatore di Jimmy Rabbite, protagonista di “I Commitments“, primo romanzo che ha dato il via alla saga su Barrytown, quartiere inventato che dovrebbe trovarsi alla periferia nord di Dublino. Doyle è il padre di Harry Smart, eroe della rivoluzione irlandese, protagonista della saga che parte con “Una stella di nome Henry” e che prosegue con altri due romanzi “Una faccia già vista” e “Una vita da Eroe“, tutti incentrati sulla storia irlandese vista con l’occhio particolare del protagonista. Come non citare tra i soggetti nati dalla penna di Roddy Doyle, Patrick Clarke detto Paddy, protagonista di “Paddy Clarke ah ah ah!” capolavoro dello scrittore irlandese, bambino che vive le angosce dell’infanzia con voce infantile e commovente in una Barrytown che potrebbe essere ovunque nel mondo.
Rodi Doyle ne “Il Secondo Tempo” riesce come al solito a far ridere e a far riflettere, restituendo spessore e carattere ad un personaggio, Roy Keane, che troppe volte è stato maltrattato dai media per il suo ruolo di duro e puro.
Il libro parte proprio dall’episodio più duro della carriera di Roy Keane, dalla squalifica inflittagli per il fallo ai danni di Alfie Haland nel 2001.Quel tackle di Keane entrò nella storia del calcio non certo per la difficoltà tecnica dell’esecuzione ma per la violenza e per il fatto che Haland sostenne di aver lasciato il calcio a causa di quel fallo. Eppure Keane inizia con un pentimento, certo non è che si cosparge il capo di ceneri e anzi si giustifica anche ricordando ciò che Haland gli aveva fatto nel 1997, ma Keane ammette comunque di aver gestito male la situazione. Fatto sta che per uno come lui già è tanto.
Il libro parte dalla fine della carriera del Keane giocatore, gli ultimi anni al Manchester United, l’anno conclusivo al Celtic; Doyle, per mostrare lo spessore dell’uomo lo rende più normale, lo mostra non più come il capitano dal temperamento istintivo e burbero, quello che si racconta in questo romanzo non è il Keane sempre incazzato, non è quello che imposta il gioco con precisone e rompe il gioco altrui con forza, ma è un uomo spesso anche fin troppo fragile, una persona normale, uno comune nonostante si sia ritagliato il suo posto nella storia del calcio globale.
Scopriamo un Keane allenatore, un uomo simpatico con i suoi dubbi che però ha ben chiaro di rimanere sempre un capitano con tutto ciò che quel ruolo comporta.
“Il capitano è il leader. C’è sempre bisogno di qualcuno là davanti, in cima al tunnel, che ti induca a pensare: lo seguirò ovunque, tutti noi lo seguiremo“
In questo libro ci sono racconti fantastici di scazzottate tra Keane e Van Der Sar, di bevute dopo le partire, della paura di non riuscire più a provare la sensazione magica di essere parte di un mondo eccitante e strano come quello del calcio, ci sono i retroscena di uno spogliatoio importante e difficile come quello del Manchester di Ferguson, c’è la storia di un uomo che ha saputo ritrovare il suo posto nel mondo.
Roddy Doyle si supera nel mimetizzarsi dietro Roy Keane che dopo questo libro entra di diritto nella leggenda del calcio, fosse anche solo per una serie di frasi magiche e sfacciate come questa: “Forse stavo cercando di vivere e mangiare come un giocatore francese o italiano, ma io sono irlandese”.
Il secondo tempo è un’opera da leggere tutta d’un fiato, vi sembrerà di respirare l’aria degli spogliatoi, vi verrà voglia di tornare allo stadio, vi farà scoprire l’umanità di un Roy Keane che per troppi anni è stato descritto e raccontato male e che grazie a Roddy Doyle riacquista il valore, il merito ed il posto che merita nella storia del calcio.