Keep left. Quello che non riusciamo ad imparare
Nel mondo vincono le destre più xenofobe e pericolose; le stesse destre che per decenni ci hanno fatto ingerire le politiche neoliberiste che hanno indebolito, distrutto e alienato i sogni di una convivenza pacifica tra i popoli e che hanno abbattuto ogni forma di tutela e regola che aveva come scopo la lotta alle diseguaglianze e l’idea indispensabile di non lasciare indietro nessuno. Quelle stesse destre che hanno trasformato un fenomeno storico come la globalizzazione in un’imposizione economica di diktat inaccettabili, lanciati come verità assolute, come regole della natura, supportate da finti numeri e irrazionali sistemi tutt’altro che scientifici, oggi sono diventate e si mostrano come movimenti antiglobalisti, reazionari e tutti incentrati su uno scontro, etnico, razionale e nazionale.
Ad arrancare non è la sinistra ma la speranza, la voglia di innovazione, progresso, uguaglianza, pace ed umanità che storicamente ha smosso e fatto prevalere la propensione al futuro, al cambiamento e al miglioramento del presente, insito all’interno delle grandi masse dell’umanità.
Le elezioni in giro per il mondo ci danno un segnale chiaro e netto e chi non lo legge commette non solo un grave errore di superficialità ma concede il futuro a chi invece rappresenta e guarda solo al passato. Negli Usa, Trump regge alle elezioni di midterm, il Brasile elegge un presidente come Jair Bolsonaro che, almeno nel linguaggio, non ha nulla da invidiare ai peggiori dittatori della storia, in Germania, la Merkel affonda con tutta la Große Koalition (infatti scompaiono ovunque i socialdemocratici), mentre restano a galla i neonazisti dell’AFD e si scoprono partito di massa i Verdi.
Eppure esistono due sinistre che vincono, due chiare idee e due chiare linee che possono e devono rappresentare un faro per tutta la sinistra mondiale. Vince quella parte del Partito Democratico americano che si dimostrata capace di liberarsi dall’immagine di gestione del potere, che si è staccata con prepotenza dalla rappresentazione dei forti e che ha riabbracciato, dopo decenni, un messaggio netto mettendo al centro parole e risposte radicali alle sofferenze delle persone. Moltissime candidate donne, mai così nella storia statunitense, tutte che rappresentano con la propria vita, con il proprio ruolo e con la propria storia, una risposta totalmente alternativa a quella dei reazionari, dei nazionalisti e dei razzisti che stanno dilagando ovunque. Questo è centrale nelle elezioni USA, non tanto il risultato finale e i numeri che lasciano insoddisfatti entrambi gli schieramenti, ma il fatto che se la sinistra torna ad avere idee chiare e torna a parlare con il linguaggio di chi soffre, torna a vincere e torna ad essere quel sogno di libertà, uguaglianza e pace che non può certo essere ridotto e schiacciato ai simposi nostalgici o al vacuo rinnovamento degli ultimi anni.
La parole meravigliose che fanno breccia, nelle menti e nei cuori di tanti, di Alexandria Ocasio-Cortez, “loro hanno i soldi, noi abbiamo le persone” sono finalmente una rivoluzione di linguaggio che riscopre un noi ed un loro, che rimette la sinistra nel campo delle persone che vuole e che deve rappresentare, in un conflitto sociale che chi continua a leggere con le lenti dei vecchi paradigmi non sarà mai capace di interpretare e rappresentare.
Dai Verdi tedeschi arriva invece una sinistra diversa capace di rimettere al centro uno dei temi che la sinistra sembra aver dimenticato e che invece è alla base di ogni ragionamento sul futuro: il tema ambientale, senza però tralasciare la base sociale che un ragionamento politico deve avere. Partono da un assunto semplice, quello della “ragionevolezza della radicalità” e cioè la capacità di costruire risposte radicali che possano essere realizzate in maniera ragionevole, a partire dalle politiche ambientali. Con questa convinzione si sono dimostrati capaci di rinnovare la propria classe dirigente e di fare campagna elettorale discutendo dei temi reali, senza sfuggire al confronto pesante che aveva incupito il dibattito politico tedesco sui migranti, facendo dello slogan “Dignità al posto del populismo” un motto vincente.
Da queste due innovazioni che segnano la strada della nuova sinistra, bisogna iniziare a costruire senza alchimie e senza divisioni precostituite, abbandonando i vecchi schemi, i vecchi paradigmi e i vecchi dogmi che ad oggi rappresentano una zavorra che rischia di ridurre la sinistra ad un ricordo di una storia lontana.
In Italia purtroppo il dibattito sembra invece fermo ad altre logiche, tutte schiacciate sui nomi dei singoli, tutte concentrate sugli equilibri di un potere che ormai non c’è più e che ha logorato, negli anni, ogni progetto e ogni idea. Ricominciare, rilanciare, ridare voce e spazio alla sinistra come strumento di cambiamento collettivo, come un grande sogno da scrivere con coraggio di chi vuole sognare nella consapevolezza dei tempi che stiamo attraversando. Su questo dobbiamo concentrarci, non sui congressi, sulle spartizioni, sugli statuti e sulle divisioni dell’atomo, non sulle ignoranze degli avversari, non sulle storie e sulle carriere dei singoli capetti e leaderini di provincia che non rappresentano più nessuno se non un ristrettissimo gruppo di potere che prova in tutti i modi a salvare lo status quo che li vede ancora in una posizione di gestione.