LA PAURA CHE L’INTIFADA DEI COLTELLI SIA ARRIVATA IN ITALIA
L’Intifada dei coltelli, quella che sta insanguinando le strade di Israele, quella che nessuno può controllare, quella che genera terrore ed insicurezza, potrebbe diventare un pericolo non solo per Israele ma per l’intero pianeta.
Ieri a Milano, in viale San Gimignano, in uno dei quartieri più densamente abitati dalla comunità ebraica, davanti ad una pizzeria kosher, è stato accoltellato Nafthan Graff di nazionalità israeliana, ebreo ortodosso di 40 anni, genero di uno dei rabbini della comunità cittadina Hetzkia Levi.
Graff è stato ricoverato all’ospedale Niguarda, è stato colpito da tre coltellata alla schiena, una ad un braccio e ben due alla gola, chiaramente un’aggressione che aveva come fine l’uccisione dell’uomo. Graff si è salvato grazie all’intervento di un passante che ha dato l’allarme riuscendo così a mettere in fuga l’aggressore.
La vitima indossava la kippah era quindi ben riconoscibile come ebreo ortodosso, e l’aggressione sembra tanto somigliare a quelle che in Israele stanno facendo andare in tilt i sistemi di sicurezza nazionale.
Gli inquirenti indagano su tutti i fronti, alla ricerca di nemici dell’uomo che potrebbero essere stati spinti ad un atto così efferato. La famiglia però assicura che Graff non ha nemici e che il suo lavoro, si occupa di mense e controlli nel settore alimentare, non possa metterlo in condizioni di pericolo. La moglie si dice certa che quella subita da suo marito è <<un’aggressione preparata e pianificata, condotta sicuramente da un arabo>>.
Tutta la comunità ebraica italiana è caduta nella paura, il pensiero di tutto va in maniera automatica ai fatti del 1982 quando in un attentato alla Sinagoga di Roma fu ucciso un bambino di soli due anni, Gaj Taché, quell’attentato aveva però una matrice ben chiara, riconducibile al terrorismo palestinese internazionale.
<<Dobbiamo constatare che l’appello dell’Isis di colpire gli ebrei ovunque, sta facendo proseliti>>, con queste parole drammatiche interviene sull’accaduto Ruth Dureghello, nuova presidente della Comunità ebraica romana continuando in una nota esprime <<tutto lo sgomento della comunità ebraica per il ferimento di Milano>>.
Parole preoccupate e di plurale le ha pronunciate anche Roberto Jerach, vicepresidente dell’Unione delle comunità ebraica italiane, raccontato che quando ha appreso la notizia <<eravamo insieme con alcuni amici e il primo pensiero è stato quello che forse sarebbe stato saggio suggerire ai nostri ragazzi di non girare con la kippah, ma poi siamo tutti convenuti che questa non deve essere la nostra reazione. Non possiamo ragionare in questo modo. In Italia non c’è mai stato un timore di questo tipo, anche nei momenti più complicati>>. Il vicepresidente continua dicendo che <<ciò che preoccupa è proprio la possibilità di imitazione degli eventi descritti dai media, soprattuto dalla televisione. E soprattutto preoccupa che questa modalità può essere riproposta anche in Italia, anche a Milano dove non c’è mai stato un terreno favorevole a gesti organizzati contro la comunità ebraica. Per questo motivo ora dobbiamo tenere i nervi saldi. Non possiamo stare tranquilli, questo è ovvio. Ma non abbiamo nessun elemento concreto per poter affermare che il fenomeno sia in crescita>>.
Jerach annuncia, anche, che la Comunità ebraica si metterà subito in contatto con la Comunità Religiosa Islamica Italiana (Coeris) attraverso il suo vicepresidente Sergio Pallavicini, per capire se ci sono elementi particolari di cui doversi preoccupare.
La tensione resta alta, ed il pericolo che questo sia un’attacco riconducibile ad uno scontro globale che negli anni della comunicazione istantanea è diventato di difficile contenimento territoriale e di impossibile controllo, è altissimo.