MYANMAR PAESE DELL’ANNO
L’Economist, uno dei settimanali più letti e più potenti del mondo, ha deciso anche quest’anno di assegnare il simbolico premio al suo Stato preferito. Ogni hanno infatti il giornale nomina il Paese che, a giudizio della redazione, abbia avuto miglioramenti sostanziali, non prettamente economici, ma politici e sociali.
Quest’anno le realtà che si contendevano il premio erano diverse, gli USA di Obama che hanno legalizzato i matrimoni gay, hanno restaurato i rapporti diplomatici con Cuba e sono giunti alla conclusione di un difficile accordo sul nucleare con l’Iran. Naturalmente anche l’America latina, con i vari movimenti democratici, con i cambiamenti politici argentini che sembrano aver messo fine al populismo che da quelle parti è un ingrediente tipico della politica, con Jimmy Morales, neoeletto presidente del Guatemala ed ex comico, che si ritrova a guidare il suo Paese dopo una campagna elettorale nella quale ha dominato anche grazie al caso che ha visto tutta l’élite politico istituzionale coinvolta in uno scandalo di mazzette.
La Cina con l’abolizione della politica del figlio unico, ha iniziato un processo che eviterà quell’abominio del controllo delle nascite, progetto di ingegneria sociale che per i dirigenti cinesi ha sempre rappresentato una realtà da difendere.
In Europa pochi erano i Paesi che si potevano giocare il premio, l’Economist sottolinea la ripresa dell’Irlanda che ritorna ad essere la tigre Celtica con un tasso di crescita del 7%, poi evidenzia il ruolo della Germania nell’accoglienza dei Siriani, che sicuramente ha avuto un impatto forte nell’immaginario collettivo, con le immagini dei bambini che si scambiavano le caramelle e con i tedeschi che riempivano le stazioni per salutare nel giubilo generale i profughi, peccato che però quella disponibilità e quei buoni sentimenti non si siano mai trasformati in un piano serio e valido di accoglienza e di politica di gestione della questione migratoria.
L’Economist però non è riuscito a resistere alla fantastica storia Aung San Suu Kyi, la donna che con il suo coraggio e la sua ostinazione ha sconfitto uno dei regimi militari più crudeli e violenti al mondo. Myanmar vince il premio di quest’anno, con le elezioni democratiche che hanno visto San Suu Kyi ottenere il 77% dei consensi e con i militari che sono stati costretti a dirsi disposti a condividere il potere con l’opposizione. Certo il processo di stabilizzazione e la fase di transizione verso una democrazia vera per Myanmar sarà lungo e delicato, ma quel paese ha lanciato un forte messaggio, un monito a tutti, soprattutto a noi occidentali, ha dato speranza all’intero globo e all’intera umanità. La storia di Aung San Suu Kyi, ci racconta che la libertà, la democrazia e la non violenza hanno una forza enorme, hanno una profondità che nessun’altra ideologia e nessun altro sistema può avere, grazie a questa donna e a tutti coloro che l’hanno accompagnata in questa eroica battaglia, oggi il mondo è un posto migliore.