“NUN ME PIACE O PRESEPE”
Il dibattito politico e culturale in Italia diventa, giorno dopo giorno, più triste, più scialbo e più vile. Da qualche tempo la discussione che sembra affascinare molti, ruota tutta attorno al ruolo delle tradizioni cattoliche, o comunque di stampo religioso, nelle scuole e nei luoghi di socialità.
Le proteste contro il natale laico della scuola primaria dell’istituto comprensivo Garofani di Rozzano. Il preside Marco Parma, ha infatti deciso di rinviare il concerto natalizio che aveva come titolo “concerto d’inverno“, una dicitura che escludeva parola Natale e che dopo le incaute dichiarazioni del preside, il quale sosteneva che dopo le stragi di Parigi <<Certamente se avessimo organizzato un concerto di canti religiosi qualcuno avrebbe potuto interpretarlo come una provocazione forse anche pericolosa>> ha scatenato le polemiche e le strumentalizzazioni.
I primi a saltare sulla notizia sono stati, naturalmente, i rappresentanti del centrodestra, con in testa Matteo Salvini, pronto, come sempre, forse per formazione, forse per esigenza elettorale, a sfruttare e a strumentalizzare le questioni che solleticano lo stomaco, goni giorno più xenofobo, dell’italiano medio. Il segretario leghista ha quindi pensato di regalare un presepe alla scuola in questione dichiarando che <<se qualcuno ritiene di favorire l’integrazione, negando quelle che sono le nostre tradizioni, è fuori di testa>>.
Davanti alla Garofano di Rozzano però non c’è solo il popolo leghista con il suo Masaniello nordico, ma anche Forza Italia non si fa trovare impreparata e con un presidio di militanti, regala un’immagine che fa respirare il clima natalizio più di qualsiasi luminaria d’artista. Maria Stella Gelmini, l’ex Ministro della Pubblica Istruzione, che canta “tu scendi dalle stelle” davanti alla scuola di Rozzano.
Mentre nel mondo si cerca di capire come affrontare il pericolo terrorista, mentre l’occidente prova a ripensare la sua struttura sociale ed economica, mentre la comunità internazionale si arrovella sulla Siria e sulla stabilità dell’intera regione mediorientale, in italia il centrodestra ha trovato il rimedio. La soluzione è semplicissima, basta recarsi davanti ad una scuola, basta concentrarsi sulla difesa del presepe e del Santo Natale e tutto sarà risolto. Basta organizzare un picchetto per cantare in coro una canzone natalizia e l’Italia sarà al riparo da possibili attacchi.
Si scivola nell’assurdo, nel ridicolo; un intero Paese a discutere una scelta avventata e priva di ogni sostanza fatta da un preside un po’ superficiale; una battaglia di laicismo di facciata, in uno stato dove si lotta contro i simboli tradizionali senza però iniziare a riconoscere diritti a tutti coloro che vorrebbero vivere la propria sessualità. Un dibattito politico che non riuscendo a parlare dellecose concrete si concentra sulle stupidità e sulle banalità.
Luca De Filippo, scomparso solo qualche giorno fa, nella commedia “Natale in casa Cupiello” scritta dal padre Eduardo, interpretava Tommasino (o’ninnill), il figlio di Luca Cupiello. Il padre cercava in ogni modo di far apprezzare il presepe al figlio che invece, con aria di sfida, pronunciava duramente la frase “nun me piac o presepe“. Eduardo esprimeva in quella commedia la difficoltà di dialogo tra due generazioni, tra due mondi, tra due storie vicine e lontane allo stesso tempo, la difficoltà di tramandare la tradizione e la passione ad una nuova generazione. Oggi la disputa diventa strumentale, non c’è chi difende il presepe e chi lo osteggia, ci sono dei poveri bambini che diventano, inconsapevolmente, l’oggetto dei giochi di consenso di un centrodestra alla frutta, di una politica che non riesce più a svolgere il ruolo di indirizzo delle masse ma che invece si fa indirizzare da esse, una politica che cerca quotidianamente di sfruttare i sentimenti più beceri dell’essere umano, quei sentimenti che vengono fuori nei momenti di paura e di vuoto.
A chi vuole fare una lotta per difendere le tradizioni culturali del nostro Paese andrebbe chiesto perché quelle commedie di Eduardo, che tanto potrebbero ancora insegnare, non vengono neanche più proiettate la notte sui canali di Stato. A chi regala presepi andrebbe chiesto perché qualche hanno fa cantava cori razzisti contro la città che dell’arte presepiale è la patria. A chi canta oggi “tu scendi dalle stelle” davanti ad una delle tante scuole che rischiano di cadere a pezzi, andrebbe chiesto perché quando era ministro nulla fu fatto per la sicurezza di quei bambini, la sicurezza vera, quella che riguarda la loro incolumità fisica e non quella inventata della difesa dei loro valori. A chi oggi vuole portare avanti una battaglia laica e moderna, andrebbe chiesto perché concentrarsi sulle questioni strumentali e non su quelle reali, la laicità non si misura dal numero di icone religiose presenti nei luoghi pubblici ma nell’indipendenza dello stato dai dettami religiosi e nella libertà dei cittadini da ogni imposizione riconducibile alle religioni.
Anche se pure Tommasino Cupiello quando il padre Luca gli chiede, ormai morente, “t piac o’ presepe?” risponde, anche se con poca convinzione, “Si”; dopo i fatti degli ultimi giorni verrebbe da dire a molti “nun m piac o presepe”, soprattutto quello di Rozzano, quello strumentale, quello che oggi viene sventolato a difesa dei valori italiani, quello che molti vorrebbero ergere a simbolo politico, quello che qualcuno cerca di trasformare in simbolo di odio e divisione.