Quel passato che non passa mai
Siamo tornati inesorabilmente a ragionare, parlare e confrontarci con schemi tipici della Prima Repubblica, anzi forse non li abbiamo mai abbandonati, li abbiamo nascosti sotto una coltre di finto bipolarismo, che per decenni ha visto aggregarsi una metà del paese attorno ad un leader di plastica e l’altra metà unita nell’odio verso ciò che quell’uomo rappresentava.
Viviamo in un Paese bloccato da decenni, un’Italia dove il passato sembra non passare mai, il presente non è mai arrivato ed il futuro sembra essere sempre irraggiungibile. Le stesse facce di un passato lontano, di una fase politica e storica che ci sembrava scaduta non sono mai scomparse. Quelle facce hanno solo più rughe ma sono facce da ricchi, da potenti, da finti rivoluzionari, quelle facce di chi non conosce la fatica del mondo reale, quelle facce mai stanche e mai segnate dai dolori di chi si confronta quotidianamente con la difficile realtà dei nostri giorni.
Dalla nostra storia non abbiamo voluto imparare nulla. Le stesse urla, le stesse tecniche e le stesse becere modalità di sempre ci hanno distolto dalla realtà. Non abbiamo imparato dalle bombe, dai servizi segreti deviati, dagli eccidi, dai colpi di stato non riusciti, fermati o inventati. Non abbiamo voluto scacciare chi ha sempre protetto il vecchio ordine delle cose, non abbiamo mai smesso di amare chi per farsi ascoltare urla di più, non siamo ancora capaci di indignarci ma solo di invidiare.
Oggi ci ritroviamo immersi in una dinamica politica da prima repubblica, con una crisi di governo extraparlamentare risolta scegliendo un innocuo signor nessuno, con una maggioranza spuria, con un partito di maggioranza relativa che prova a raccogliere i cocci di una comunità a pezzi che non si sente più rappresentata, con un movimento che svolge il ruolo di contenitore di una rabbia che neanche conosce e una destra che non rappresenta nessuno se non i reduci di un mondo di plastica che, come ogni italico passato, non passa mai.
Eppure la situazione sociale è preoccupante, intere generazioni rischiano di scomparire nelle pieghe di un passaggio storico che nessuno sembra voler affrontare davvero con coraggio. Utilizziamo ancora schemi ideologici, politici ed economici che non riesco ad avere una lettura diversa di una realtà che rischia di fagocitare l’essere umano. Basterebbe cambiare sguardo, spostare l’attenzione, iniziare a guardare il mondo con una lente riflessiva diversa che ci permetta di smetterla di accettare i dettami economici come delle verità di natura e iniziare, finalmente, a proporre una nuova speranza, un nuovo sogno, un nuovo sentiero sul quale iniziare a camminare.
Dovremmo smetterla una volta per sempre con modalità di critica che non partono mai dall’analisi degli errori commessi dalla propria parte e dal proprio mondo..
Siamo un popolo che dimentica il passato ma soprattutto che dimentica le proprie colpe, che copre i propri crimini con un revisionismo è una dimenticanza fatte di superficialità. Un popolo che essendo incapace di indignarsi si arrabbia e la rabbia, quella dettata dalla paura e dall’instabilità se cavalcata, può diventare il pericolo più grande per ogni sistema democratico.