Se le parole spaventano ancora il potere
L’assetto globale, la comunicazione rapida, immediata, libera ed indipendente a cui ci hanno abituato i social, le parole butta in un flusso di informazioni enormi che difficilmente viene filtrato e che troppo spesso si trasforma da fiume in cloaca, ci ha costretti a dare sempre minor peso ai concetti e alle idee che dovrebbero essere alla base di ogni tentativo di comunicare.
La lettura si ferma alle prime righe, ai 140 caratteri, agli hashtag, alle parole in evidenza; il testo, il contenuto, l’approfondimento sono scomparsi, hanno perso valore e forza. La comunicazione si è trasformata nella creazione di titoli, nell’elaborazione di slogan che colpiscono e che spesso rendono vincente una persona, un prodotto, anche se privo di una qualsiasi forza, anche se inesistente, anche se basato sul nulla, anche se quel prodotto da vendere non ha alcun valore.
Eppure nelle parole si conserva sempre lo stesso potere, sempre la stessa forza capace di far tremare i governi, sono le parole, unite ai fatti che hanno dato il via a tutte le pagine più tristi e più epiche della storia; le parole in una società di massa hanno effetti dai quali nessuno può mettersi a riparo, neanche i regimi più solidi e meglio organizzati. Se al potere delle parole si aggiunge la potenza della rete attraverso la quale i movimenti, le proteste, le lotte e le battaglie diventano globali, e che garantisce la possibilità di comunicare in maniera indipendente e libera, ci dovremmo aspettare un mondo che si avvia a diventare un grande villaggio globale privo di censure e di ingiustizie.
Purtroppo non è certo così e la rete, con il suo enorme flusso di informazioni, non ha certo aiutato ad avere una società più aperta e meno autoritaria, anzi, sui social, e più in generale sul web, si manifesta ancora più forte il vuoto della società moderna. I giornali sono più concentrati a ricorrere il titolo, a crearlo a manipolarlo pur di essere letti, i politici sono intenti a raccogliere like, retweet e cuoricini, pur di apparire amati, tutti gli utenti sono concentrati su come rendere i propri profili sempre più smart, tutti intenti a dare un’immagine patinata e vincente della propria vita.
Purtroppo quella grande occasione che era stata offerta alla nostra società globale, la possibilità di comunicare in maniera diretta, la possibilità di abbattere i filtri della censura, di poter, una volta e per sempre, fare informazione senza dover rimettersi al bene placido di un regime politico, senza dove sottostare alle bramosie del potere, si è infranta sul vuoto ideologico e sull’abbrutimento culturale nel quale la nostra società mondiale si è persa.
La parola ancora spaventa, basti pensare che il 4 marzo per una lettera pubblicata da Watching.cn sono state arrestate decine di persone, alcune sono addirittura scomparse. La lettera accusava in maniera diretta il presidente cinese Xi Jinping, mettendo nero su bianco tutti fallimenti di un leader che vede la stampa solo come un mezzo del Partito Comunista, un presidente a capo di una potenza fondata su di un sistema che non accetta alcuna libertà di parola, nel quale nulla può essere detto contro chi governa e sul quale sempre vengono chiusi gli occhi.
La lettera che ha attivato i tremendamente efficienti meccanismi di censura cinesi iniziava con schiettezza “Salve compagno Xi Jinping, siamo leali membri del Partito Comunista e ti chiediamo di dimetterti da tutte le tue cariche“. Il giorno di pubblicazione era stato scelto con cura, infatti il 4 marzo si sarebbe aperta la sessione dell‘Assemblea del Popolo, che avrebbe dovuto votare l’approvazione del prossimo piano quinquennale.
Il potere continua a temere la parola, la sua potenza, la sua forza, la capacità chiara e certa che questo mezzo ha di sovvertire i regimi, di rompere gli schemi e soprattutto di muovere le masse. L’indebolimento dei contenuti, l’utilizzo superficiale dei potenti mezzi digitali, rendono però i regimi, tutti i regimi politici, dalle dittature più sanguinarie e violente, ai regimi liberali di lunga cultura democratica, più stabili e più forti, vanificando le possibilità di sovversione dell’ordine costituito.
La vera sfida del nostro tempo è quella di riscoprire l’importanza delle parole, il loro valore, la loro forza e soprattutto la loro capacità di cambiare le cose.